venerdì 2 novembre 2012

656 parole...


E ti senti in bilico su un filo, e di sotto la bufera, soffia già forte il vento , e tu cerchi l’equilibrio, non lo sai quando ti può buttare giù e ci provi a restare li .. con tutta la tua forza, e ti aggrappi a una cosa che non hai. E la vita che ti scorre addosso come olio… sei diventata estranea  a te stessa , e i doveri ti riportano alla quotidianità, a quella puzza del mattino in un treno gelato; a quella corsa sfrenata per poi perdere tempo, a quei fogli scritti, ai tuoi “si” ai tuoi “ non preoccuparti” ad avere tempo per tutti…mai per te stessa! A una strada desiderata. E poi ci sei di nuovo TU ,tu che hai accettato di tornare, e io che avevo imparato a sognare, che avevo stabilito un punto nella mia vita, e di nuovo tu con le tue parole, con la tua forza, con la tua fiducia. E pettini i pensieri seduto a un bar, e io che sono sempre stata sola al bar; io che provo a chiamare in continuazione, tu coi tuoi silenzi; io che sono cambiata: più fredda , più cinica, più presente a me stessa; io che crollo davanti ai tuoi occhi verdi. Tu che hai scelto me come amica, io che ho scelto di vivere per te, tu che hai paura di capire quello che sei sempre stato, tu che scappi davanti a un cartello con la scritta “OPEN” , io che avevo lasciato aperto, io che provo a capire, tu  rifletti con la testa tra le mani, tu con la forza dei tuoi NO, io con la forza del mio “ so aspettare” , tu  con la tua mano nella mia …tu che appartieni a me stessa più di quanto lo sia io. Io che ho perso gli aggettivi, tu che me li chiedi sempre, io che canto ad ogni minuto, io che rido a un ricordo, tu che hai cambiato capelli, tu che decidi dove andare, io con i segreti tra amiche, tu con una poesia tra le mani, io che ti leggo un passo di un romanzo, tu che ricordi tutti i discorsi seri, io che ricordo tutte le tue parole … come pugnali in guerra ad ogni litigata, tu che mi hai capita …che mi conosci, ma non l’hai mai capito, io  con la mia malinconia. E l’ansia, le prove, l’attesa… il suono della tua risata, i miei messaggi dopo un esame, la tua voglia di abbracciarmi, la mia voglia di sentirti, la stima, la fiducia, l’affetto… il mio quasi amore, il tuo MAH … e il tuo MA … la mia testa dura, il tuo sorriso, la mia insicurezza, la timidezza, l’ inesperienza, l’ ingenuità… il mio ti voglio bene, il tuo chiedermelo, i tuoi silenzi …i miei sospiri.. i tuoi mi manchi… la mia voglia di dimostrare…la paura l’insicurezza… i pali … le mura.. la guerra… la forza… la dolcezza nascosta, le parole strozzate, quelle scritte nei miei quaderni, il mio libro prestato … i miei fogli.. i tuoi scritti, il mio incontrarti nei pensieri… nei sogni… la mia voglia di urlare, di spaccare tutto, il mio bisogno di scrivere, la tristezza alla stazione …ogni volta sembra un addio… i giorni che passano, la pioggia il freddo, la febbre… il mio letto…le coperte… un gioco pensato…ma non ancora attuato…le mie mani che ti cercano.. le labbra che si sfiorano, l’attesa che rende tutto più bello, i giorni tristi, i pianti.. le mani che tremano, tu chi sa cosa stai facendo, con chi sei.. cosa stai pensando… io che cerco il tuo volto per strada, io che abbasso lo sguardo, io che nascondo i miei occhi dietro occhiali da sole.. tu che non vedi , non senti tutto quello che faccio. Io con un desiderio di NOI .. tu con il tempo, i dubbi, l’amore. NOI in bilico in quello che potrebbe essere! Io in equilibrio su un foglio bianco!

lunedì 27 febbraio 2012

36 ironici consigli di Umberto Eco per scrittori in erba


In realtà in scrittura esistono solo due regole vere: leggere tanto e scrivere tanto. Il resto sono suggerimenti. Ma non rispettare alcuni suggerimenti, o violarli senza sapere bene cosa si sta facendo, rischia di compromettere la qualità del lavoro. E spesso “è il mio stile” non è una ragione per effettuare alcune scelte, è solo una scusa.
E dunque, ecco i trentasei suggerimenti di Umberto Eco. Facciamone tesoro :

1. Evitate le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.

2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.

3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.

4. Esprimiti siccome ti nutri.

5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.

7. Stai attento a non fare…  indigestione di puntini di sospensione.

8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.

9. Non generalizzare mai.

10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”.

12. I paragoni sono come le frasi fatte.

13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).

14. Solo gli stronzi usano parole volgari.

15. Sii sempre più o meno specifico.

16. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.

17. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

18. Metti, le virgole, al posto giusto.

19. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non sempre è facile.

20. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia

21. C’è davvero bisogno di domande retoriche?

22. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe – o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento – affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

23. Gli accenti non debbono essere né scorretti né inutili, perché chi lo fa sbaglia.

24. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

25. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

26. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

27. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche e simili.

28. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del “5 maggio”.

29. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

30. Pura puntiliosamente l’ortograffia.

31. Non andare troppo sovente a capo.


Almeno, non quando non serve.

32. Non usare mai il plurale maiestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

33. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

34. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiono come altrettante epipfanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

35. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

36. Una frase compiuta deve avere

venerdì 24 febbraio 2012

e...i giorni pozzanghera

quanto tempo è passato...
troppo tempo ho lasciato passare, non mi sono presa più cura di questo blog ... mi rattrista ma se devo dirla sinceramente è da qualche giorno che lo apro  e lo riapro e non scrivo niente pur dicendomi che dovrei postare qualche cosa. ho perso la voglia e la forza di raccontare e di raccontarmi ... in tutto questo tempo sono successe delle cose, alcune hanno portato belle risposte e hanno dato così soluzioni e gratificazioni, altre ... altre hanno lasciato enormi dubbi che ancora non so come affrontare ...
ma oggi si scrive ... perché oggi è uguale a domani ma un po' meglio di ieri ..... oggi è uno di quei giorni pozzanghera!! cosa sono i giorni pozzanghera? i  giorni pozzanghera sono quei giorni che non hanno un colore definito non uno ma tanti .... le pozzanghere si formano sulle strade dopo una pioggia, un temporale, la mia pozzanghera si è formata oggi  dopo un bel po' bufere e mal tempo ... quando si è piccoli le pozzanghere attirano quasi come le torte al cioccolato che vorresti mangiare ma non puoi , " perchè poi non ceni" , " perchè poi si sporca il vestitino bianco" e allora stai li fermo a guardarle .... anche le pozzanghere si resta fermi a guardarle con la voglia di saltarci dentro ... di farsi schizzare  e macchiare da quella fanghiglia , con quella voglia di liberarsi ...
ma da grandi le pozzanghere posso essere pericolose ...se ci salti dentro non sai mai dove puoi finire, quanto profonda sarà? sarò abbastanza capace di nuotare e venire di nuovo a galla ? saprò solo sporcarmi un po' i piedi restando poi ben salda alla strada asciutta ?  da piccoli è solo un gioco ... ma da grandi?  e i giorni pozzanghera sono così ; sono giorni piedi di domande .... giorni in cui ti senti attratto da qualche cosa che però non vedi , non è li con te... è un' immagine riflessa , è fluttuante, non ha una forma , non è sicura e pure la vorresti affrontare , un giorno pozzanghera può arrivare all' improvviso , può durare anche più di un giorno , a volte c'è bisogno dell' aiuto di  qualche altra persona per resistere alla tentazione di giocare con quell' acqua rimasta li.... perché poi quello che attira è anche la forma, il motivo di una formazione all' improvviso proprio li ... proprio in quel momento... ma che senso ha ... ma perché ? perché qui e non  qualche km più avanti? perché ora che non hai la forza di allungare quella gamba e andare oltre?
un giorno pozzanghera a volte bisogna affrontarlo così, prenderlo e lasciarsi bagnare ....non sfidarlo... perché bisogna avere coraggio anche per avere paura .... io ho tanta paura ... ho tante paure !!!
le sensazioni che io vivo nei miei giorni pozzanghera ( e ne ho sempre tanti ...poi si impara anche a conviverci) ... sono le stesse che ritrovo in uno dei miei quadri preferiti ... una sensazione di inquiete, di volontà, di grinta, ma allo stesso tempo di frustrazione... una sensazione di equilibrio precario in un mondo caotico ....
" Golgonda "- Magritte

venerdì 16 dicembre 2011

"Parlerebbero i miei occhi " ( Blas De Otero)



Taceremo ora per piangere poi?

Parlerebbero i miei occhi se le mie labbra
ammutolissero. Potrei restare cieco,
e la mia mano destra continuerebbe
a parlare, parlare, parlare.

Debbo dire "Ho visto". E taccio
stringendo gli occhi. Giurerei
di no, che non ho visto. E mentirei,
parlando, parlando, parlando.

Ma debbo tacere e tanto tacere,
c'è tanto da dire, che chiuderei
gli occhi, e starei tutto il giorno,
parlando, parlando, parlando.

Dio mi liberi dal vedere quello che è chiaro
Ah, che tristezza. Potrei tagliarmi
le mani. E il mio sangue continuerebbe
a parlare, parlare, parlare.

venerdì 18 novembre 2011

SE SI SENTISSE CON GLI OCCHI LA VOCE



Se si sentisse con gli occhi la voce
oh, come ti vedrei!
La tua voce ha una luce che mi illumina,
... luce d'udire.
Nel parlare
tutti gli spazi del suono si infiammano,
la grande oscurità
che è il silenzio si infrange. Ha un aspetto d'alba
la tua parola, venendo a me di nuovo.
Quando assenti,
un mezzogiorno, un piacere allo zenit,
impera, ormai senza l'arte degli occhi.
Se mi parli di notte non c'è notte.
Né solitudine nella mia stanza
con la tua voce, lieve, ed incorporea.
Ché quando viene crea il suo corpo. Nascono
nel vuoto dello spazio, innumerevoli,
le delicate e possibili forme,
del tuo corpo di voce. E quasi sbagliano
le tue labbra che ti cercano e le braccia.
E tutto intorno, anime di labbra
e braccia in cerca delle, fatte nascere
dalla tua voce, divine creature
che inventa il tuo parlare.
E nella luce d'udire, in quell'ambito
tutto raggiante, che gli occhi non vedono,
si baciano per noi
quei due innamorati che non hanno
altro giorno né notte
che la tua stellata, o il tuo sole.

Pedro Salinas

venerdì 11 novembre 2011

EUGENIO MONTALE

L’anguilla


L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?